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Buon compleanno Paolo Fabbri!

Il 17 aprile l’illustre semiologo e studioso riminese compie 80 anni

Quando si deve parlare del professore Paolo Fabbri si viene presi da quella “avarizia nello scrivere” che Umberto Eco gli attribuiva, pardon, che attribuiva a Paolo da Rimini, il fondatore della biblioteca del romanzo Il nome della rosa, a lui ispirato.

Ma, in questo caso, i motivi che impediscono lo scrivere sono certamente meno ‘nobili’ di quelli del Professor Fabbri, che, a questo proposito e riferendosi ad una definizione di Roland Barthes, pensa che, proprio perché professore, «l’oralità sia fondamentale» (si veda l’intervista del Corriere della Sera).

Qui, la difficoltà di chi scrive è di altra natura: cosa si può dire di uno studioso che si è occupato di semiotica, di comunicazione, di linguaggio, di sociologia, di arti, cinema, poesia, filosofia, …? Che scrive in diverse lingue, dirige riviste, insegna in Università italiane e straniere, ha ricevuto prestigiose onorificenze, …?

"Immenso" lo definisce (giustamente) la ‘sua’ Rimini nel festeggiarlo, e i festeggiamenti per gli ottant’anni del Professore (17 aprile) si uniscono a quelli per i 400 anni della Biblioteca Gambalunga di Rimini (23 aprile), una ricorrenza che ha raccolto un dono speciale, che ci permette (gli permette?) di continuare il gioco del rimando ‘biblioteca-Paolo da Rimini’, un dono fatto non da Rimini a Paolo Fabbri, ma da Paolo Fabbri a Rimini, alla biblioteca della sua città: la donazione di cinquanta preziosi volumi, che vanno dalle cinquecentine fino all’800, motivata dal «sentimento d’adesione al progetto culturale della prima biblioteca civica d’Italia» (non si diceva infatti che Paolo da Rimini «fosse un lettore voracissimo, conosceva a memoria tutti i libri della biblioteca»?).

Allora, non riuscendo ad usare parole, diciamo solo tanti auguri al «semiologo arguto, famoso per i suoi eclettici viaggi in sempre nuovi e inusitati confini nel mondo del senso e della parola» (M.C Turchi), allo «studioso dalle intuizioni geniali» (P. Di Stefano), al professore che «distoglie la semiotica dalla sua vocazione tassonomica per farle affrontare i diversi modi in cui significhiamo» (S. Bartezzaghi) e diciamo grazie per le sue, di parole, che ci fanno sempre vedere punti di vista diversi.

 

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