Il debutto di "Frontières#Tunisie" di Instabili Vaganti
Nuovo capitolo del progetto internazionale "Beyond Borders", ideato e diretto dalla compagnia Instabili Vaganti e sostenuto dal Ministero della Cultura: Frontières#Tunisie, in co-produzione con il Théâtre National Tunisien e l’Istituto Italiano di Cultura di Tunisi.
Il progetto ha previsto la selezione di un gruppo di giovani attori e danzatori italiani e tunisini, che hanno preso parte ad una residenza artistica a settembre 2024 presso gli spazi del Théâtre National Tunisien e nei siti archeologici di Cartagine e Oudna, dove sono stati girati i video proiettati nello spettacolo.
Il lavoro è ripreso in novembre, continuando fino al debutto, il 27 novembre al Palais du Théâtre el Halfaouine (ore 17). Una successiva replica, il 28 novembre (ore 17), sarà nell’ambito del prestigioso festival JTC - Journées Théâtrales de Carthage.
Lo spettacolo diretto da Anna Dora Dorno esplora tutte le tipologie di frontiere, geografiche, artistiche, interpersonali e mentali, che vengono restituite al pubblico in forma di danza, azioni fisiche, canti e testi in diverse lingue, attraverso i quali i performer esprimono il significato che attribuiscono alla parola “confine”.
I performer, quattro tunisini e tre italiani, tra cui Nicola Pianzola, scavano all’interno del proprio passato, delle proprie tradizioni culturali e performative, per comprendere il presente, per raccontare i limiti che hanno dovuto superare, i confini che hanno provato ad attraversare per affermare la propria identità, e le nuove sfide che li attendono.
“Noi continueremo a danzare in equilibrio precario su quelle linee invisibili che abbiamo tracciato e che chiamiamo confini”: sono solo alcune delle parole che restituiscono il senso profondo di questo progetto co-produttivo, e cioè la capacità dell’arte di unire e superare ogni tipo di barriera.
Una esortazione, quella a danzare, che si rivolge anche al pubblico, che al termine dello spettacolo è invitato a ballare, a lasciarsi andare e a cercare di rompere, in maniera collettiva, quasi rituale, quei confini che, prima che geografici, sono anche spesso mentali e interpersonali.