Un uomo, un emarginato venditore delle metropolitane, fa il suo ingresso nella città globale, cercando di vendere “ricordi”, di stimolare il pubblico ad entrare in una dimensione parallela, a riflettere su cosa hanno perduto nel caos generato dai ritmi frenetici delle città. La scena non è altro che una scatola bianca, vuota e visivamente ricomposta di volta in volta, attraverso la rievocazione di un ricordo espresso in forma di racconto e di video che appare mappato in formati e misure differenti, evocando l’oblò di una nave, la visione frastagliata di un vetro rotto, lo schermo di un cinema, di un televisore e di altri dispositivi digitali ed analogici.
La megalopoli si offre come un complesso meccanismo di suoni ed immagini che si manifesta in forma di doppia proiezione invadendo pareti e pavimentazione dello spazio scenico, fino a decorare come un tatuaggio virtuale i volti e i corpi dei suoi abitanti. Volti che sono anche schermi di smart-phones, tablets, che con la loro presenza evidenziano il carattere della nuova identità digitale. Tutto ci appare distorto, come in un film distopico. Dal magma confuso della memoria emergere d’improvviso il “ricordo”, il “particolare”, l’essenza di una cultura che riaffiora e che rivela una tradizione antica.
L’individuo emerge dalla massa indistinta e standardizzata difendendo la propria identità nella moltitudine, affermando la propria specificità di “essere vivente”, svelando il proprio volto, la propria storia, la propria cultura di origine. In un meccanismo sofisticato e contraddittorio che Ryszard Kapuscinski definisce “il sistema degli specchi” dove “… la nostra cultura si specchia nelle altre e solo a quel punto comincia a diventare comprensibile. Le altre culture sono specchi nei quali ci riflettiamo e nei quali riusciamo realmente a vederci come siamo.”
Ne emerge una narrazione movimentata scandita attraverso l’uso di slogan che la memoria ha registrato nelle varie metropoli del pianeta e che vengono riportati in tre codici linguistici: italiano, inglese e spagnolo. Dalla storia individuale del performer lo sguardo si volge verso accadimenti della macrostoria globale, toccando nodi tematici di forte attualità, come la “Guerra fredda” tra le due Coree e l’insita drammatica contraddizione dei confini artificiali, dei muri che ancora oggi separano i nostri “mondi” contemporanei.
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